#Cimancherà e #Poivorrei

 

di Maria Francesca Amodeo

 “Perché gli uomini smettono di essere buoni solo quando si pensano soli. Quando perdono di vista la luce che sta in tutte le cose”.

Mio fratello Alessandro – Brunori Sas

Chi mi conosce lo sa: sono innamorata di Diamante perché ci sono nata e soprattutto perché l’ho scelta. Non sono mai stata tra quelli che durante l’adolescenza  hanno sentito la forte esigenza di allontanarsi e costruire il loro futuro altrove. Sia chiaro, non ho nulla contro chi è stato portato dalla vita o da scelte personali a partire, e anche io l’ho fatto, come tanti, per un periodo. Ma con la consapevolezza che sarei tornata. Ho sempre pensato che il mio sogno avrei provato a inseguirlo restando qui, tra i profumi e le vie colorate del mio Paesino.

Dello stesso amore profondo e viscerale amo casa mia, le mie “quattro mura” e il modo che hanno di coccolarmi da sempre nelle mie abitudini: il primo caffè della giornata bevuto sempre alla stessa ora in cucina mentre nell’aria si libera il profumo del ragù, anche se sono solo le 8 di mattina. La scrivania di fronte alla finestra con il sole che ci cade perfettamente sopra. La finestra all’angolo che si affaccia invece sul mare e mi riempie gli occhi di vento e meraviglia. E anche la semplice possibilità di trascorrere una serata tranquilla a guardare la TV.

Sono una pantofolaia, lo ammetto. E spesso e volentieri alle cene fuori io e i miei amici abbiamo preferito le pizze ordinate al telefono e mangiate insieme sul divano scegliendo un film su Netflix. L’idea di passare del tempo a casa, quindi, non è mai stata un problema. A volte quasi una scelta.

Ma mai avrei immaginato che potesse diventare un obbligo e una necessità. La quarantena è stata diversa per tutti, ma facile per nessuno. Perché poco importa se hai il giardino o solo un terrazzino stretto, se puoi muoverti per 10 stanze o all’interno di un bilocale. Se di fronte a te vedi tetti di altre case, il verde della campagna o l’azzurro del mare. Ci sono differenti gradi di difficoltà oggettiva, certo, ma le preoccupazioni –in casi come questo – sono le medesime per tutti a ogni latitudine e in ogni situazione. Ed essere privati di qualcosa come la libertà di uscire di casa quando ci va, non è stato semplice per nessuno.

Di questo tempo ho provato a prendere il meglio: in primis, a godermi la mia famiglia. E poi a fare cose che non facevo da tanto o non avevo mai fatto: ho trascorso giornate a impastare – come tutti – teglie di pizza e a cimentarmi in ricette di dolci. A riguardare i miei film preferiti e leggere nuovi libri.

Ma soprattutto una nativa digitale come me, ha trovato grande compagnia nella rete e nei social. Oltre a essere ciò che mi ha virtualmente connessa ad amici e parenti, è stata il mezzo che mi ha fatto scoprire come tante altre persone abbiano tentato di vivere al meglio questo periodo di clausura forzata.

E quanti, nonostante tutto, anche grazie a una buona dose di bei pensieri, non abbiano mai perso la speranza nel fatto che in un domani, non si sa bene quanto prossimo, la normalità avrebbe nuovamente e finalmente bussato alle nostre porte. Le stesse che durante i primi mesi del 2020 sono rimaste chiuse con noi dentro.

Due sono stati gli hashtag molto diffusi sui social che ho seguito e mi hanno fatto sorridere e commuovere: #cimancherà e #poivorrei. Due facce digitali della stessa medaglia capaci di raggiungere, in fondo, lo stesso obiettivo: ricercare la bellezza, anche nei periodi più bui, anche quando si nasconde.

In tanti, usando questi hashtag, hanno scritto quello che io ho pensato: che quando tutto questo sarà finito, forse #cimancherà poter dedicare tanto tempo alle nostre passioni, #cimancherà fare il pane in casa, #cimancherà la sensazione di non avere nulla da fare, #cimancherà stare in tuta tutto il giorno, #cimancherà l’attesa di un abbraccio, #cimancherà il silenzio per le strade  e #cimancherà trascorrere intere giornate insieme alla nostra famiglia.

Dall’altra parte in moltissimi hanno interpretato i miei desideri scrivendo che arriverà un “poi”, che vedrà questo momento solo accantonato nei nostri ricordi, e allora: #poivorrei cantare sotto i palchi ai concerti, #poivorrei sentire l’acqua fredda del mare stuzzicarmi i piedi, #poivorrei un aperitivo con i miei amici, #poivorrei usare di nuovo google maps perché mi sono persa per strada, #poivorrei ballare in mezzo a una piazza, #poivorrei un secchiello di popcorn al cinema o #poivorrei entrare in un negozio e dire “sto solo dando un’occhiata”.

Nelle riflessioni su tutte le cose belle e piccole di cui abbiamo imparato a godere in questo assurdo periodo e nei desideri di cose semplici che ci auguriamo per il futuro, ho scoperto qual è stato il grande insegnamento di questo momento strano e difficile: imparare, nonostante l’isolamento, a non sentirci distanti. Sapere, anche grazie a un hashtag, che dall’altra parte della nostra città, d’Italia o del Mondo qualcuno sta vivendo le nostre stesse gioie e i nostri stessi dolori. Perché, in fondo, questo distanziamento ci ha avvicinati nei pensieri, nei sogni e nei gesti più che mai.

Anche Diamante, nel suo piccolo e non solo sulla rete, ha riscoperto un senso di solidarietà e di unità che – forse – mancava da un po’ e che mi ha resa ogni giorno più orgogliosa della mia città. E allora, se c’è una cosa che mi auguro per il futuro, quando tutto sarà finito, è proprio di continuare ad apprezzare la grandezza e la bellezza che sta nelle cose semplici. E riuscire a mantenere intatta la necessità di empatizzare con gli altri, anche se vivono a molto più di un metro di distanza da noi. Perché allora tutto questo sarà davvero servito a renderci migliori.

 

 

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