Cirella nel Libro di Ruggero
di Maria Stella Fabiani – docente di Storia IIS Diamante
Ruggero II, nato a Mileto di Calabria e nonno materno del grande Federico II, divenne il primo re di Sicilia, fondando un regno, il cui territorio si estendeva dalla Sicilia all’Abruzzo. Ruggero attrasse intorno a sé i migliori uomini di diverse culture, come il geografo Al – Idrisi, autore del Libro di Ruggero ovvero “Il diletto di chi è appassionato per le peregrinazioni attraverso il mondo”. Fu nel 1139 che Idrisi si trasferì a Palermo, chiamato da Ruggero II, e vi intraprese un’indagine geografica che sarebbe durata diciotto anni. Nella prefazione, Al-Idrisi attribuisce a Ruggero II l’iniziativa del progetto e il metodo seguito. Da una parte, egli è l’erede di una tradizione consolidata nel mondo arabo, in quanto l’interesse per gli studi geografici si era sviluppato nel mondo musulmano già agli inizi del secolo IX. Inizialmente, si trattò di compilazioni, che dovevano fornire ai segretari delle Cancellerie, manuali funzionali all’espletamento di attività amministrative, come la riscossione delle imposte. Alcuni eruditi incominciarono a introdurre racconti sui vari territori e sulle popolazioni del mondo musulmano, spesso frutto di fantasia e prive di fondamento scientifico. Dall’altra, Il Libro di Ruggero è una novità per il metodo critico severo e rigoroso. Tutto ciò che non possa essere verificato o ritenuto leggendario verrà scartato. Si raccolgono notizie anche da tutti i commercianti o emissari che passano per Palermo. Èd è così che vengono introdotte informazioni sull’Europa, ancora inedite nella geografia araba. Al-Idrîsî accede, altresì, direttamente agli archivi diplomatici del palazzo da cui ricava informazioni sulle province francesi, tedesche, spagnole o italiane. Con il suo metodo sistematico, con la sua volontà di associare l’Oriente e l’Occidente e di incrociare varie discipline, offre una descrizione “moderna” del mondo allora conosciuto ed è il primo tentativo del genere. Nel libro di Ruggero, nella sezione dedicata al Quinto clima, Secondo compartimento, in un lungo itinerario che parte da Roma, sono presenti alcuni riferimenti al nostro territorio: “Da Castrocuccaro a Scalea, castello ragguardevole, dodici miglia. Da questo a Capo di Cirella nove miglia. Capo di Cirella è inoltre un fiume nel quale entrano le navi poco caricate. Dal capo di Cirella ad Amantea , città tanto bella quanto popolata, trentotto miglia». E nella sezione dedicata ai fiumi: «Il fiume Lao ha la sorgente innanzi a Mercuro donde scorre verso il territorio che fronteggia Scalea, quindi si dirige al mare. Il fiume di Rivello, che scaturisce da un colle, scorre verso Castrocuccaro e Maratea e di là volge al mare. Sei miglia corrono fra Scalea e il suo corso… ». Come si è visto, nel Libro di Idrisi non viene menzionato un castello a Cirella. Tuttavia, gli studi archeologici sul territorio hanno messo in luce la presenza di un presidio fortificato, in età normanna. I ruderi di Cirella sono infatti la testimonianza di un abitato medievale, con i vari quartieri e chiese, su cui domina dall’alto un castello. Quattro sono le fasi individuate: Bizantina, Normanna, Sveva e Angioina. L’incastellamento normanno ha lo scopo di controllare la viabilità terrestre e marittima a scopi militari o commerciali. E’ indubbio che tale funzione sia stata sempre assolta da Cirella, come dimostra la tabula peutingeriana, copia medievale di uno stradario romano dove Cirella è indicata come possibile stazione di posta per il cambio dei cavalli. La studiosa Margherita De Bonis ha di recente ipotizzato che le stazioni di posta corrispondessero a luoghi ritenuti strategici per la produzione vinicola. La notizia è oltremodo interessante per Cirella, nota anche grazie al Chiarello. Al- Idrisi, dunque, per quanto riguarda Cirella non menziona un castello, come nel caso di Scalea, bensì un fiume. Gli storici concordano nel ritenere che si tratti del Vaccuta, un fiume in passato navigabile, sia pure per navi di piccola stazza, adatto a trasportare verso l’interno prodotti giunti dal mare. La notizia è di fondamentale importanza perché solo alcuni fiumi, tra i molti citati nel libro di Ruggero, vengono indicati come navigabili. Ci sarebbe, però, anche una seconda ipotesi di studio e cioè un qualche possibile errore di interpretazione del testo originale in arabo. Ad esempio, in una, sia pure in una soltanto tra le molte esistenti, traduzioni in lingua italiana, si fa riferimento, più che alla navigabilità del fiume, alla presenza di una qualche tipologia di approdo in prossimità del fiume stesso. A questo punto, è necessaria una Premessa: 1) dobbiamo immaginare, in passato, il mare più arretrato, rispetto all’attuale linea di costa. Pertanto, Cirella era, al tempo, un promontorio ancora più a picco sul mare; 2) Il nostro territorio, per come lo conosciamo (collinare, scosceso e frastagliato), è sicuramente meno adatto ad una circolazione via terra, mentre erano essenziali, per il commercio via mare, gli approdi e i fiumi navigabili; 3) in passato, vi erano diversi tipi di approdo, non veri e propri porti, ad esempio: luoghi di attracco all’aperto, dove le navi non hanno però possibilità di ripararsi in caso di tempesta oppure spiagge dove poter tirare a secco le navi. Cirella potrebbe essere stata entrambe le cose. Da uno studio di Raffaele Laino, in “Alla scoperta dell’antica Cirella” di Gregorio Aversa apprendiamo che, in linea generale, gli approdi riguardavano: Insediamenti su promontori e/ o Insediamenti alla foce di fiumi o corsi di acqua minori, spesso protetti da scogli che consentissero anche soltanto di fermarsi qualche ora per imbarcare o sbarcare merci, per passare la notte o per rifornirsi di acqua dolce. Da tutti questi elementi è evidente che Cirella si prestasse ad avere un approdo.Anche sul territorio di Scalea, come risulta da altre fonti letterarie più tarde rispetto al Libro di Ruggero, insisteva un approdo, non menzionato da Al- Idrisi. Ciò può significare: 1) il porto al tempo ancora non c’era (ipotesi, a mio parere, poco verosimile); 2) il geografo arabo non ne aveva avuto notizia; 3) Al- Idrisi aveva ritenuto più importante focalizzare l’attenzione sul castello, ben importante nella storia normanna perché, tra le sue mura, i fratelli Roberto il Guiscardo, duca di Puglia e di Calabria e Ruggero I, conte di Calabria e di Sicilia, avevano siglato un Patto e suddiviso il territorio in ben determinate zone di influenza. Ritornando al porto di Scalea, esso viene espressamene citato in una bellissima Novella del Decameron di Boccaccio ( VI novella del V giorno); in un racconto di Riccardus Diviensis sul viaggio di Riccardo I (1157-1199) Cuor di Leone, re d’Inghilterra, verso la Sicilia, insieme a Cetraro; nella prima stesura de il libro del mare di Piri Re’is, morto nel 1553, insieme a Tropea (nella seconda stesura, il porto di Cirella viene aggiunto ma come meno rilevante rispetto a quello di Scalea). Quale poteva essere la diversa funzione del sito di Scalea, castello compreso, rispetto a quello di Cirella? E’ probabile che il sito di Scalea svolgesse una funzione anche militare, oltre che commerciale per il trasporto di merci verso e da il porto di Napoli(come dimostra la novella del Decamerone), da cui successivamente le merci, come il vino calabrese, si diffondevano per ogni dove, fino alla lontana e ricca Bruges. Cirella, invece, aveva una funzione minore, come abbiamo già detto, finalizzata al piccolo commercio verso e dalle aree interne (prodotti locali). Al momento, non abbiamo alcuna notizia che Ruggero si sia fermato a Cirella come a Scalea. Sappiamo, però, che ha attraversato il nostro mare in più di un’occasione (come ricaviamo dalla lettura di Alessandro di Telese, biografo di Ruggero II, morto presumibilmente nel 1136). Due importantissime: 1)Nell’agosto del 1127, salpa da Messina diretto a Salerno, per conquistare il regno, dopo la morte del cugino Guglielmo; 2)Nel 1140, dopo l’assemblea di Ariano, e un soggiorno a Napoli, che lo accoglie festante, salpa dal porto di Salerno per tornare a Palermo (settembre-ottobre). Poiché la Storia è sì disciplina che necessita di grande rigore scientifico, ma il cui fascino risiede nelle emozioni che sa suscitare, a me piace immaginare re Ruggero che, dalla tolda di una delle sue navi, osserva la nostra bella costa e, con un sorriso, si compiace della bellezza delle sue Terre, le Terre di Ruggero. Quelle stesse Terre in cui tante volte è passata la Storia Universale, perché sarebbe riduttivo considerarla solo storia locale. Si tratta comunque di un tassello della Storia Europea, intorno alla quale è possibile costruire un’identità calabrese partendo dalla figura, altamente simbolica, di un re nato a Mileto, che seppe confrontarsi con varie culture senza rinunciare ad esercitare la sua sovranità…