Le Cronache dal Fronte di un vero reporter. Intervista ad Amedeo Ricucci

di Giuseppe Gallelli

Amedeo Ricucci è un reporter vero, il suo giornalismo incarna l’idea  più “romantica” e nel contempo più dura e rischiosa di questo mestiere. Cetrarese di origine inviato speciale del TG1, spesso sui fronti di guerra, non appartiene alla categoria  dei corrispondenti   che restano in albergo ad attendere le notizie, è uno di quelli che “consumano la suola delle scarpe” che rischiano  a volte la vita per raccontare il mondo,  nelle sue pieghe più dolorose e dimenticate da un’opinione pubblica colpevolmente o volutamente distratta.  Come in uno dei suoi ultimi servizi per speciale TG1, bello e drammatico,  “Figlie di un Dio Minore”, dedicato alle donne yazide schiavizzate dall’ISIS durante il conflitto in Siria.    Ho avuto l’onore di intervistarlo dopo la presentazione, a Diamante,  del suo libro “Cronache dal fronte”. Una serata di grande coinvolgimento,  in Piazzetta San Biagio,  di fronte a un pubblico numeroso e attento,  dove a  introdurlo,  insieme  al sottoscritto, c’era Stella Fabiani, e a  portare i saluti della Città c’era l’Assessore alla Cultura Francesca Amoroso.

Viviamo un periodo storico in cui c’è chi dalla tastiera del pc , comodamente seduto nel salotto di casa, cerca di spiegare il mondo, spesso spacciando per  verità  delle fake news rimbalzate dai social.   Lei che  fa  l’inviato nel cuore  dei conflitti, rischiando  anche  la vita,  con quale spirito continua a  fare questo mestiere e oggi lo ritiene più che mai necessario?

Purtroppo gli inviati sembrano, ogni giorno di più, dei dinosauri, una specie cioè in via di estinzione. C’è infatti una crisi profonda del mondo dell’editoria, che ha costretto quasi tutte le testate, in tutto il mondo, a tagliare le spese e quindi a ridurre drasticamente i servizi realizzati da inviati spediti sul posto. E c’è poi, a corollario, una rivoluzione nell’eco-sistema dell’informazione, che rende sempre meno centrale la figura del giornalista che va in giro “a consumare la suola delle scarpe” : mi riferisco al fatto che oggi chiunque, ovunque, è in grado con gli smart-phone di scattare delle foto, girare dei video e veicolare delle notizie sui social network, il che rende per alcuni versi superflua la figura dell’inviato. Certo, non è un’informazione di qualità, il rischio delle fake news è notevole e in ogni caso questo lavoro dei cosiddetti citizen journalist non fornisce chiavi di lettura e di comprensione degli avvenimenti. Per questo penso e dico sempre che c’è ancora bisogno della figura dell’inviato. Ma il trend non mi dà ragione.

A proposito di bufale, secondo lei in questo periodo di generale intolleranza, oggi  è  ancora più difficile far comprendere che  dietro il fenomeno dell’immigrazione  ci sono guerre dalla violenza inenarrabile,  storie di uomini, donne e bambini  cui vengono negati i diritti fondamentali

Le grandi migrazioni ci sono sempre state e sempre ci saranno. La rotta attuale, che dal sud del mondo spinge sempre più gente verso il nord più sviluppato, è un portato della globalizzazione, che ha acuito anziché ridurre il divario e le disuguaglianze.  Io dico spesso che finché nel villaggio più sperduto dell’Africa nera ci sarà una tv che manda in onda la pubblicità del Mulino Bianco, beh, non ci dovrebbe stupire se c’è gente che prova a venire qui da noi pensando che il nostro, che l’Occidente, sia il Paradiso su terra. Lo fa rischiando spesso la vita, ma chi siamo noi per impedire agli altri di sognare?

Perché ha sentito il bisogno di raccogliere nel suo libro storie e immagini tratte dal suo lavoro, e come ha scelto di raccontare le sue esperienze di inviato?

Questo libro, Cronache dal Fronte, raccoglie una ventina di reportage che ho pubblicato in questi ultimi anni sul settimanale del quotidiano Repubblica, Il Venerdì. La novità è che, accanto ad ogni reportage, abbiamo inserito un Q-Code che permette, con estrema semplicità, attraverso il proprio smart-phone, di vedere il reportage televisivo sullo stesso tema, andato in onda a Tv7 oppure a Speciale Tg1, le due trasmissioni della testata per cui lavoro in Rai. Si accostano così due linguaggi, il racconto con le parole e quello per immagini, il che a mio parere rende più comprensibile la realtà di cui si sta parlando. D’altra parte il lavoro dell’inviato dovrebbe servire proprio a questo: a fornire al lettore – e al telespettatore – degli strumenti di conoscenza in più.

Qual è il suo legame con la sua terra ? Vede con speranza il futuro della Calabria ?

Inutile dire che la Calabria me la porto nel cuore. E considero il ricordo della mia terra – la sua luce, il suo profumo, la sua gente – un toccasana a cui far ricorso nei momenti di scoramento e di difficoltà, che in questo mestiere sono sempre in agguato. Certo che la Calabria ha un futuro: sta però a voi, a noi, dargli la forma che meglio la valorizzi e che sappia coinvolgere tutti. Finora non è stato fatto abbastanza.

La presentazione a Diamante di Cronache dal Fronte
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