Ottobre si veste tutto di rosa: il colore della speranza !

a cura di Anna Storelli

Da oltre 30 anni il mese di ottobre è il mese della prevenzione del tumore al seno. E prevenire è il verbo che ti può salvare la vita. Sono diversi anni che il mondo si mobilita per diffondere questa campagna di sensibilizzazione alla lotta contro la neoplasia mammaria di cui il tradizionale pink ribbon, fiocco rosa, è il simbolo. Numerose sono le ASL che hanno aderito alla campagna di screening che offre alle donne la possibilità di eseguire la mammografia. Il tumore al seno è uno dei più diffusi ma è anche uno dei più curabili se diagnosticato in tempo. In Italia il 20% delle donne colpite da tumore al seno ha meno di 40 anni, mentre sono circa 800mila le persone con tumore alla mammella. Questo significa che una donna su otto è destinata ad ammalarsi nel corso della vita.  Si tratta di una percentuale non di poco conto. La diagnosi precoce e la possibilità di guarire dipendono proprio dalle indagini di prevenzione. Dalle ultime ricerche si è appurato che l’alimentazione e l’attività fisica, oltre ad essere fondamentali per la prevenzione, impediscono l’avanzata della malattia, garantendo, tra l’altro, una sana qualità della vita. Un altro fattore da tenere altamente in considerazione è quello emozionale e psicologico. Il momento in cui il paziente oncologico apprende dell’ingresso della neoplasia nella sua vita è davvero devastante, sconvolgente. Spesso la reazione del malato dipende da come viene comunicata la malattia, dall’utilizzo delle parole e dalla sensibilità nel trasmettere quella che di certo non può essere considerata una notizia che si vorrebbe sentire.  Arrivato in sordina e senza preavviso, “l’amico indesiderato”, espressione con la quale ho definito chi prepotentemente è entrato a far parte della mia vita per un certo periodo di tempo, ti rivolta come un calzino. Ebbene sì, sono una sopravvissuta al cancro al seno! All’inizio mi è stata riscontrata una anomalia dal mio ecografista, l’endocrinologo Saverio Pignata, il quale mi ha sottoposto ad una indagine ecografica al seno molto accurata. Si trattava di un’area sospetta che neppure la mammografia rilevava. Al dott. Pignata, alla sua professionalità e caparbietà nel sostenere che “c’era qualcosa di anomalo”, devo la vita. Non ho perso tempo e ho preso tempestivamente un volo per l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano accompagnata da mio fratello. Ci ha pensato poi l’esame istologico a mettermi di fronte al cancro.  Quando ho scoperto di avere il tumore al seno credevo che la mia vita fosse giunta alla fine. Sono una persona molto coraggiosa, combattiva, che reagisce agli urti della vita, ma in quel momento sentivo il terreno mancare sotto i miei piedi. Una strana sensazione di incredulità mi teneva sospesa tra realtà ed immaginazione. Le parole dell’oncologo che mi comunicava con tono lieve e pacato quello che stava succedendo al mio corpo mi sembravano venire da lontano, apparivano confuse, quasi incomprensibili. Sono momenti in cui la mente e il corpo reagiscono con un rifiuto. Poi, la lettura della diagnosi.  Ci è voluto un po’ di tempo prima di realizzare il tutto! Prima di capire cosa mi stesse capitando. Mi chiedevo come sarebbe stata la battaglia da affrontare, quali strategie avrei potuto adottare per fronteggiare e vincere l’avversario e se in questa sfida, in questo scontro bellico avrei avuto io la meglio. Beh, se ora sono qui a scrivere questo articolo che tocca le corde della mia anima, diciamo che” l’indesiderato” è stato messo alla berlina, ma mai abbassare la guardia. Quando l’ospite inatteso si colloca in una parte del tuo corpo senza chiederti il permesso con la pretesa di restarvi, ti senti disperata, persa. Pretesa? Restarvi? Ma chi mai gliel’ha chiesto?  Chi mai lo ha invitato? Cambia di colpo lo scenario della tua vita. Cambia radicalmente la tua percezione di sentire e vedere ogni cosa. E quelle che prima erano certezze diventano dubbi, domande, punti interrogativi in fila indiana come una colonia di formiche rosse. Ottobre per me non è solo il “mese rosa” è il mese in cui mi sono sottoposta all’azione “militare” per radere dal mio seno l’avversario. E come succede durante gli scontri bellici, se ne esce sempre un po’ ammaccati, debilitati, fiacchi, destabilizzati e con qualche perdita, ma soddisfatti e grati per la vittoria ottenuta. Devo ammettere che la paura è stata tanta, tuttavia l’atteggiamento positivo è stato davvero decisivo, non solo nel momento dell’intervento ma anche durante la chemioterapia, la radioterapia, l’immunoterapia e la terapia ormonale. Non sottovalutiamo il grande potere che abbiamo: quello della volontà, della mente. Il mio pensiero oggi va a chi era con me e non ce l’ha fatta, a chi sta lottando ancora con dignità, forza e determinazione, a chi esulta per la vittoria. Non è vero che il momento traumatico è quando i capelli ti “scivolano” via dalla testa o quando ti trovi con “qualcosa in meno”, lì sei già a metà del percorso, sei verso una forma inedita di te. Il momento critico è quando scende la sera e ti fermi a pensare. Quando guardi con una stretta al cuore i tuoi bambini giocare e vorresti che in quell’attimo il tempo si fermasse. Quando cammini per strada dimenticando la meta. Quando contempli il sole che si immerge nel mare e lo immortali in uno scatto, chiedendoti se sarà l’ultimo.  Ma è dopo il disastro della malattia che arriva la rinascita, la ricostruzione. È dopo il tramonto che si attende sempre il sorgere di una nuova alba. Quando ti ammali di cancro cambia completamente ogni tua prospettiva, tutto acquista un valore diverso, direi unico. Rifletti sul fatto che sei una sopravvissuta, pensi alla gioia della vita che ritorna, anche se in modalità diversa.  Oggi posso dire di aver risalito la china e di averlo fatto da sola, con qualche ammaccatura a livello affettivo ma al tempo stesso ho avuto familiari ed amici che non mi hanno mai mollata. Ho risalito la china grazie ai miei due figli, troppo piccoli per restare soli. In mezzo a questa tempesta avevo capito una cosa sola: volevo vivere. È stato questo il mio grande obiettivo, il primo passo per reagire. Chi reagisce, vi assicuro, non è un supereroe, perché il tumore non te lo vai a cercare, ti capita e basta. Credetemi, alla fine di questo viaggio della speranza è come svegliarsi da un letargo dopo un lungo inverno e godere della luce e del tepore mite della primavera. È come riaccendere un interruttore spento e riappropriarsi della corrente elettrica. È come mettersi di nuovo in cammino dopo essersi fermati per un po’. E ti ritrovi sorprendentemente diversa. Ti riscopri più positiva e sorridente. Ti senti più grintosa. Ti accorgi di essere anche più bella!      

Per tutte le donne che hanno combattuto

Per tutte le donne che combattono

Per tutte le donne che combatteranno  

 

             

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